Funerale per eToys, etoy festeggia la vittoria finale

Funerale per eToys, etoy festeggia la vittoria finale

Posted On: March 21, 2001
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Il colosso dell’e-commerce dei giocattoli, la statunitense eToys, chiude definitivamente i battenti. etoy, collettivo di cyberartisti a cui tentò invano di sottrarre il dominio, festeggia ironicamente la morte del gigante rivale…

etoy è un gruppo di artisti europei esperti di software. I sette agenti che ne fanno parte hanno deciso di “lasciarsi il mondo reale alle spalle” per vivere ed agire sulla Rete. Hanno rinunciato all’identità personale a vantaggio di quella della corporation etoy. Questa rinuncia è visibile anche attraverso il look unico adottato da tutti gli agenti: tuta nera, giubbotto arancione, testa rasata, occhiali a specchio. L’azione che li ha resi noti è il digital hijack, un vero e proprio atto terroristico virtuale che nel 1996 “rapì” più di 600.000 internauti, dirottati sul sito di etoy mentre usavano normali motori di ricerca. Gli ignari navigatori, mentre effettuavano ricerche su Internet, venivano interrotti da una schermata lampeggiante seguita dall’apparizione di un tizio pelato e minaccioso che, puntandogli un enorme fucile a pompa in faccia, dichiarava: “Non fare una fottuta mossa! Questo è un rapimento digitale!”.
Sono stati paragonati agli hackers, ma le loro azioni non sono criminose, né danneggiano in alcun modo sistemi e dati. L’obiettivo di etoy è la riflessione sul sistema dei media e sull’impianto teorico e strutturale del cyberspazio. Centrale nella loro filosofia è il concetto di shock comunicativo. Quello che conta è la risonanza mediatica del gesto, la sua portata simbolica, piuttosto che il messaggio o il contenuto. Lo scopo del digital hijack era quello di scuotere la noia della Rete, mostrandone i limiti e le potenzialità inespresse. Un’operazione di sabotaggio che non usa virus, non danneggia l’hardware né il software, ma insinua dubbi nel tranquillo paesaggio mediatico quotidiano. Un virus psicologico che, attraverso un’azione shock, costringe a riflettere sul vero assetto della Rete e sul controllo del flusso informativo.
In questi giorni etoy invoca un minuto di silenzio per commemorare il fallimento di eToys, compagnia di giocattoli schiacciata di recente da un debito di oltre 274 milioni di dollari. Dal 7 marzo scorso, giorno in cui la corporation ha dichiarato definitivamente bancarotta, sul dominio dei cyberartisti svizzeri è in corso una mesta e sarcastica celebrazione, con tanto di epitaffio e marcetta funebre. Uno schermo nero con una lugubre scritta: “Nasdaq Symbol [ETYS] 1999-2001” fa da introduzione ad un esilarante testo in cui uno degli etoy agents, Gramazio, offre addirittura un posto nella corporation etoy all’ex CEO di eToys, Toby Lenk, ormai disoccupato.
La lunga battaglia legale e mediatica che ha visto protagonisti eToys e etoy ebbe inizio nel settembre del 1999, quando la multinazionale americana dei giocattoli si accorse dell’esistenza di un dominio troppo somigliante al suo, quello dei radicali cyberartisti svizzeri. Dopo aver tentato ripetutamente di acquistare il dominio, decisero di intraprendere un’azione legale contro etoy, sostenendo che il loro sito avrebbe potuto turbare qualche bambino che vi fosse capitato per caso (dimenticando di digitare la “s”), contenendo testi non adatti ai minori e un linguaggio scurrile. Il primo round legale finì con la vittoria del gigante dei giocattoli e la corte di Los Angeles ingiunse ad etoy di chiudere immediatamente il sito, pena una multa di diecimila dollari per ogni giorno di ritardo nell’applicazione della sentenza.

EToys , nonostante avesse acquistato il proprio dominio con ben tre anni di ritardo rispetto ad etoy, venne comunque riconosciuta vincitrice e gli agenti di etoy furono costretti a trasferirsi ad un altro anonimo url (http://146.228.204.72:8080), in quello che sembrava un inevitabile esilio. Subito dopo inviarono un’e-mail di denuncia che fece rapidamente il giro del mondo scatenando l’immediata reazione del popolo della Rete. Il contrattacco di etoy fu simbolicamente battezzato Toywar, una vera e propria guerra senza quartiere contro la multinazionale dei giocattoli che vide la partecipazione di oltre 2000 etoy agents impegnati in molteplici azioni di sabotaggio e disturbo. L’obiettivo, che era quello di ledere l’immagine di eToys a tal punto da far crollare le sue azioni in borsa, fu raggiunto in pochi mesi. Il 27 gennaio del 2000 la multinazionale, sfiancata dai continui attacchi e dalla scomoda risonanza mediatica della faccenda, si arrese e pagò 40 mila dollari di spese legali ad etoy, che riacquistò entro breve tempo il dominio etoy. com. Subito dopo la vittoria uno dei componenti del gruppo dichiarò alla stampa: “E’ stato un piacere fare affari con un gigante dell’e-commerce come eToys!”.

La riflessione sul rapporto tra arte e mercato è infatti un altro tema centrale nelle azioni di etoy. Il collettivo è strutturato come una vera e propria corporation, una società che produce arte e cultura, e le quantifica in titoli azionari (le ETOY.SHARES). Se l’arte digitale non genera dei prodotti nel senso tradizionale del termine, etoy vende se stessa come prodotto, utilizzando gli stessi paradigmi della new economy.

Valentina Tanni / 2001